Puglia, parte civile nel processo per presunti brogli nell'utilizzo dei fondi per la lotta al racket e all'usura

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L'associazione antiracket  Puglia si è costituita parte civile nel "maxi processo antiracket Salento" contro 23 imputati. Antirtacket Puglia era rappresentata dall'avvocato Maurizio Altomare ed era presente Renato De Scisciolo, 

che afferma: "É stato importante costituirsi parte civile soprattutto per una questione di danno all'immagine sollevatasi in Puglia e a livello nazionale: la vicenda ha prodotto una immagine negativa sugli sportelli attivi nella lotta al racket e all'usura".

L'udienza svoltasi ieri nell'Aula Bunker riguarda il processo nato da una inchiesta giudiziaria su una presunta truffa sui fondi gestiti dall’Antiracket Salento. Tra le richieste di costituzione di parte civile accettate figurano anche quelle del Ministero dell'Interno, del Comune di Lecce e della Regione Puglia.

"Il processo prende il via dall’indagine della Guardia di Finanza che il 21 maggio scorso aveva portato all’arresto della presidente dell’associazione Antiracket salento Maria Antonietta Gualtieri, che gestiva gli sportelli di Lecce, Brindisi e Taranto" lo si legge sulla testata "Telerama News".

"Le accuse, a vario titolo, sono di associazione dedita alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione, concussione, falso. Si torna in aula il 6 aprile" si legge ancora.

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Foggia, migliaia di persone al corteo per la XXIII giornata della memoria delle vittime innocenti delle mafie

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Migliaia di persone in piazza per ricordare le oltre 970 vittime innocenti delle mafie in occasione della XXIII Giornata della Memoria e dell'Impegno, promossa da Libera e Avviso Pubblico. Per quest'anno la piazza principale è stata quella di Foggia ma in migliaia sono scesi in strada anche in altre città lungo tutta la penisola.

Il Presidente nazionale della FAI Tano Grasso ha partecipato alla tappa pugliese accompagnato dal Vicepresidente nazionale Renato De Scisciolo e dalla delegazione dei presidenti delle associazioni antiracket e antiusura della rete FAI in Puglia

I rappresentanti delle associazioni FAI in Campania, invece, hanno partecipato al corteo che ha unito Scafati e Pompei grazie alle migliaia di persone intervenute.

Stamattina sono stati letti i nomi delle vittime innocenti in tutte le "piazze" italiane. Poi da Foggia - trasmetto in diretta in tutta italia - l'intervento di Don Luigi Ciotti, fondatore di "Libera".

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La FAI presente il 21 marzo a Foggia per la “Giornata della Memoria e dell’Impegno” contro le mafie

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La FAI – Federazione Antiracket Italiana sarà presente il prossimo 21 marzo a Foggia in occasione della “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie” che torna in Puglia a distanza di dieci anni da quella di Bari. 

Alla manifestazione organizzata dall’Associazione Libera, sarà attivamente presente una folta delegazione della FAI con la partecipazione del presidente nazionale Tano Grasso e il vicepresidente Renato De Scisciolo assieme a soci, attivisti e volontari. 

Un appuntamento che il movimento antiracket non poteva mancare per di più in un territorio come quello foggiano, e in generale garganico, in cui è forte e costante l’impegno dell’associazione. 

Assistenza alle vittime, denunce, attività di prevenzione e poi le costituzioni di parte civile in processi in cui la magistratura ha riconosciuto la chiara matrice del metodo mafioso – non ultimo il processo “Tre Moschettieri” ai danni di alcuni elementi di spicco della malavita del Gargano: è solo una parte di attività che sintetizzano quanto la FAI conosca bene questi luoghi su cui ha contribuito ad accendere i riflettori; quei territori in cui si impegna a raccogliere il grido d’aiuto soffocato di cittadini onesti per estirpare assieme dalle radici la mafia da un suolo che può ancora germogliare e produrre buoni frutti. 

La FAI il prossimo 21 marzo sarà tra la gente, tra le strade e le piazze di Foggia, lì dove riecheggia il senso di comunità e si salda il tessuto economico e sociale della cittadinanza in un contesto troppo spesso martoriato da atti di illegalità.

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Metodo mafioso riconosciuto a clan del Gargano. Soddisfazione dell’Antiracket di Molfetta

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MOLFETTA - È una sentenza che potrebbe essere definita “storica” quella giunta in questi giorni nell’ambito del processo “Tre Moschettieri” ai danni di alcuni elementi di spicco della malavita del Gargano.La Seconda Sezione della Corte d’Appello di Bari ha infatti riconosciuto l’aggravante del metodo mafioso – andando dunque a riformulare la sentenza pronunciata dal Tribunale di Foggia nel marzo del 2015 – e condannato per reati legati ad attività estorsive gli imputati Luigi Notarangelo a 7 anni di reclusione e 2.600 euro di multa, Giuseppe Notarangelo a 6 anni e 8 mesi di reclusione e 2.000 euro di multa, e Girolamo Perna a 3 anni e 4 mesi e 1.000 euro di multa previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante.Le continue estorsioni perpetrate dal clan Notarangelo – con al vertice il boss Angelo “cintaridd” Notarangelo, morto ammazzato nel gennaio 2015 – ai danni di alcuni imprenditori di strutture turistiche e ristorative del territorio di Vieste, risalgono addirittura al 2008 fino al 2011. Sono state proprio le vittime a porre fine a tale situazione insostenibile che stava devastando le loro attività denunciando gli estorsori grazie all’aiuto dell’Associazione Antiracket presente sul territorio. Una presenza, quella dell’antiracket, costante in questa vicenda che ha segnato il territorio garganico.La F.A.I. (Federazione Antiracket Italiana) si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Angela Maralfa, assieme all’Associazione Antiracket di Vieste e altresì al Comune di Vieste al Ministero dell’Interno. Alla lettura della sentenza il presidente della F.A.I. – Antiracket Molfetta Associazione Regionale, nonché vicepresidente nazionale, Renato de Scisciolo, ha espresso la sua soddisfazione per un verdetto che si potrebbe definire “esemplare”, il trionfo della legalità e una rinnovata fiducia nella giustizia.Questa è però solo la vittoria di una singola battaglia nel foggiano, dove ancora tanta strada deve essere percorsa per debellare fenomeni criminali legati ad attività di racket e usura. Un territorio in cui si sta cercando di piantare profonde radici di legalità a partire da una fitta campagna prevenzioni e di inviti alla denuncia. Solo in questo modo i risultati potranno fiorire rigogliosi.

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Bari, nel rione Libertà il clan imponeva la “tassa di sovranità”: 6 condannati per estorsione ai negozianti

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Il gup del Tribunale di Bari Antonio Diella ha condannato sei pregiudicati vicini al clan Strisciuglio a pene comprese fra gli 8 anni e 2 mesi di reclusione e i 2 anni e 8 mesi per estorsioni aggravate dal metodo mafioso ai danni di alcuni commercianti del quartiere Libertà di Bari.

 

In particolare il giudice, al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato, ha condannato Domenico Remini, ritenuto il referente del clan per le estorsioni sul quartiere, alla pena di 8 anni e 2 mesi, il fratello Gaetano alla pena di 5 anni, i sodali Mauro Losacco a 5 anni e 4 mesi, Antonio Monno a 6 anni, Antonio Patruno a 5 anni e 2 mesi e Antonio Sportelli a 3 anni e 2 anni di reclusione.

Stando alle indagini della squadra mobile, coordinate dai pm della Dda di Bari Giuseppe Gatti e Patrizia Rautiis, i sei imputati avrebbero imposto il pizzo ai commercianti del quartiere Libertà di Bari, definendolo “tassa di sovranità”, per almeno due anni – dal 2014 al 2016 – facendosi consegnare dai 600 euro mensili ai 2mila euro nel periodo natalizio. Sono tre gli episodi di estorsioni commessi ai danni di altrettanti negozi di generi alimentari. Le richieste estorsive sarebbero consistite in somme di denaro, “un contributo per gli amici detenuti” dicevano gli indagati, e prodotti alimentari. Alle richieste di denaro sarebbero seguite minacce di ritorsioni in caso di mancati pagamenti, anche ai danni dei familiari dei commercianti. In un caso, quando una delle vittime si sarebbe rifiutata di pagare per difficoltà economiche, il clan lo avrebbe punito con un furto nel suo negozio.

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Bari, estorsione al parroco di San Ferdinando: "I soldi o distruggo la chiesa". Arrestato 31enne

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I carabinieri di Bari hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del Tribunale del capoluogo pugliese Marco Galesi, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Giuseppe Dentamaro, nei confronti di Amine Chergui, 31 enne tunisino, accusato di estorsione aggravata e continuata ai danni del parroco della chiesa di San Ferdinando.

L'indagine, da cui è scaturito il provvedimento, è partita da una denuncia presentata dal parroco della chiesa di Via Sparano, dopo aver subito gravi minacce a fini estorsivi. Il tunisino, in numerose

 

 occasioni, avrebbe importunato i fedeli e riferito al parroco, al vice parroco e al sacrista, che avrebbe distrutto la chiesa o che avrebbe fatto loro del male, minacciandoli anche di morte, nonché millantando contatti nell'Isis, al fine di indurli a consegnargli denaro.

I fatti sarebbero avvenuti dal 2014 al 2017. Da sottolineare come nella vicenda in esame, sia stato fondamentale non solo l'intervento dei carabinieri, ma anche la piena collaborazione dei religiosi.

 
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